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Storia artistico culturale delle Basilicata

Redazione Verynews24.it Da Redazione Verynews24.it
21 Luglio 2016
in Curiosità
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Basilicata o Lucania questa sconosciuta e inesporata regione del sud Italia

cristo_marateaTracce di “Homo Abilis” e della sua cultura materiale (civiltà della Pietra) sono state scoperte nell’importante giacimento di fossili risalenti al Paleolitico inferiore presso Venosa, dove uno studio stratigrafico ha evidenziato, tra i resti di rinoceronti, orsi, cervi, elefanti, bovidi ed equidi, industrie litiche del tipo clactoniano evoluto del tipo di Venosa. Altre testimonianze del Paleolitico inferiore sono sparse in tutta la Basilicata: numerosi i bifacciali della Valle del Bradano e della Grotta dei Pipistrelli presso Matera, quelli delle Valli di Vitalba e di Atella e ancora presso Accettura, Tricarico e Muro Lucano.

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La Grotta dei Pipistrelli e quelle di Fiumicello lungo la costa tirrenica hanno fornito tracce del Paleolitico medio presenti anche nel Metapontino. Industrie litiche del Paleolitico superiore sono presenti nella Grotta Funeraria e in quella dei Pipistrelli a Matera, nonché lungo il Bradano e negli stessi dintorni di Matera, con ciottoli incisi a motivi geometrici. Si tratta di preistoria recente, quando i neandertaliani si sono estinti (35 000 anni fa) e dal Medio Oriente arriva in Europa l’uomo di Cro-Magnon che aggiunge alla cultura materiale del tagliare la pietra quella dell’espressione artistica, come nel caso della grotta di Tuppo Li Sassi a Filiano.

Qui, nel 1965, fu individuato un riparo sotto roccia con industrie mesolitiche e importantiChiesa-di-Santa-Barbara-Materainside-642x335-e1464720613870 pitture rupestri raffiguranti scene di cattura o semplici cervi tra la vegetazione in stretta analogia con quelle iberiche. Dopo le glaciazioni le condizioni climatiche più stabili rendono favorevole un’organizzazione collettiva basata sull’allevamento e sull’agricoltura. Ed è nel Neolitico che nascono la tessitura e la ceramica, soprattutto quest’ultima nelle forme di Matera/Capri, ceramica dipinta a 2 o 3 colori, e in quelle più note di serra d’Alto, incisa a crudo, punzonata e dipinta finemente con bande a spirale.

Sebbene le grotte continuino a essere abitate, è proprio nel Neolitico che si ha il massimo sviluppo dei villaggi trincerati a serra d’Alto, Tirlecchia, Murgecchia e Murgia Timone sulla Murgia materana, nel Melfese a Rendina. Sono insediamenti di capanne protette da profondi fossati, scavati nella roccia e prossimi a sorgenti d’acqua; altri insediamenti neolitici sono a Toppo d’Aguzzo, Gaudiano di Lavello e nel Metapontino. Con l’Eneolitico che presenta riscontri di civiltà del Gaudo nella Grotta di Latronico e le nuove tecniche metallurgiche di gruppi egeo-anatolici, la regione assume quel ruolo di incontro/scontro tra culture che si perpetuerà in epoca storica, mentre è certa la frequentazione minoico-micenea lungo la costa ionica che la leggenda vuole come terra di approdo di eroi della saga troiana. La civiltà appenninica nell’Età del Bronzo è caratterizzata oltre che dall’agricoltura dalla pastorizia transumante; la regione presenta due aree culturali distinte secondo i rituali funerari di inumazione supina (sepolture di Aliano e Chiaromonte) o rannicchiata (necropoli di Incoronata di Pisticci e S. Maria di Anglona). Al tardo Bronzo risalgono i ritrovamenti di Timmari relativi a campi di urne cinerarie tipici di una cultura protovillanoviana più nota al centro-nord dell’Italia. L’Età del Ferro in Basilicata sembra sia segnata dall’arrivo di nuove popolazioni, i Liky che, nel 1300-1200 a.C., muovono dalle regioni anatoliche e si stanziano a sud dell’Ofanto, tra il Bradano e il Basento. È infatti questo il momento in cui si assiste alla formazione di veri centri abitati su alture a dominio delle valli come sul monte Torretta di Pietragalla, sul monte Croccia o a serra di Vaglio. Si determina un’organizzazione di tipo democratico costituita da liberi individui dediti all’artigianato, all’allevamento, all’agricoltura, che dividono equamente la terra e la difesa della comunità; non c’è divario sociale e in caso di guerra il “Basileus” è il capo politico-militare delle tribù federate. Frattanto lungo le coste i primi contatti di esploratori, mercanti o artigiani minoico-micenei con le popolazioni autoctone (Enotri, Choni, Morgeti, Itali o Siculi) preparavano la colonizzazione massiccia che si sarebbe avuta a partire dalI’VIII secolo a.C.. Presso le foci dei fiumi e nella pianura fertile i Greci fondarono le poleis coloniali della raffinata civiltà della Magna Grecia. Spiccano per prestigio le colonie di Metaponto, Siris, Heraclea e Pandosia: ricca e fiorente la loro economia agricola a prevalenza di frumento, tanto che la spiga è sulla moneta di Metaponto. La capacità di organizzazione delle attività agricole è testimoniata dalle “Tavole di Heraclea”, oggi nel Museo archeologico nazionale di Napoli. L’importanza dei reperti custoditi nei musei di Metaponto e Policoro è confermata dai relativi Parchi Archeologici. Ancora si stagliano, nell’azzurro del cielo di Metaponto,

4basilicata_672-458_resize le quindici colonne superstiti dell’antico tempio di Mera a guardia sul Bradano, mentre si distinguono, oltre l’impianto urbano, l’area sacra ad Apollo Licio e la cavea del Teatro. A Policoro, sulla collina, oltre al palazzo Baronale, doveva sorgere Siris che, distrutta dalla coalizione achea di Metaponto, Crotone e Sibari, vide la nascita di Heraclea (433 a.C.), che oggi si presenta con isolati regolari. Recipienti e tracce di canalizzazione delle acque distinguono il quartiere artigianale con le fornaci da quello residenziale. Il fenomeno di ellenizzazione dei centri interni della Lucania avviene lungo le naturali vie d’acqua: Bradano, Basento, Gavone, Agri e Sinni. Molti centri dominano le valli, ma sopra tutti vanno citati Melfi quale punto di incontro delle civiltà daune ed enotrie (candelabro di Melfi) e più ancora serra di Vaglio, acropoli in posizione strategica lungo le valli di Basento, Ofanto, Sele tra lo Jonio e il Tirreno. La sua importanza è confermata dalla presenza del vicino Santuario Italico dedicato alla dea Mephitis (IV sec. a.C.) rinvenuto a Macchia di Possano. Sul monte Moltone di Tolve si trovano i resti della più antica villa rustica finora scoperta in Basilicata: di periodo ellenistico (IV-III sec. a.C.), ha l’impianto a corte centrale diffuso nel Mediterraneo e presso i Romani. L’assetto di questi centri ellenizzati è sconvolto dall’arrivo degli Osco-Sanniti di ceppo Sabellico, popoli guerrieri alla ricerca di pascoli e terre fertili che avanzano dove minore è l’influenza politica culturale e militare degli stati italioti. La nuova entità territoriale che si determina dal Sele al Lao, sul Tirreno, e dal Grati al Bradano, sullo Jonio, è denominata Lucania e la sua pressione sulle colonie, logorate da contrasti interni, non sarà da queste adeguatamente contrastata. Un popolo fiero che costituirà un problema anche per i Romani sia durante le guerre Sannitiche e Puniche che con la guerra Sociale. All’inizio del III sec. a.C. i Romani fondano le colonie di Venusia e Grumentum:anfiteatro-grumentum-grumento-nuova1 la via Herculia le collega alla Popilia e all’Appia. I centri delle aree interne si spopolano, Metaponto ed Heraclea si riducono rispettivamente a un “castrum” e a un piccolo abitato. I Romani impongono il latifondo che determinerà un territorio punteggiato da tante ville rustiche con evidenti tracce nella toponomastica della Basilicata. Nota è quella di Malvaccaro a Potenza con splendidi mosaici restaurati di recente. Dell’antica Venusia si possono ancora ammirare l’Anfiteatro, le Terme e la cosiddetta Casa di Grazio nell’attuale centro storico di Venosa. Nel Parco Archeologico di Grumento sono conservati il Teatro, una Domus con mosaico e uno dei più antichi anfiteatri romani in Italia. La costa di Maratea conobbe un’intensa frequentazione soprattutto in epoca romana, come documentano i ritrovamenti di Civita di Pivello, Fiumara di Castrocucco, Capo la Secca e Santavenere, stimolati dai risultati ottenuti dalle ricerche subacquee. Presso Castrocucco e l’isolotto di Santo lanni sono state rinvenute una quantità di anfore da trasporto, di ancore, due “villae maritimae” e vasche in cocciopesto per la produzione di garum.

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