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Pisticci è un comune italiano di 17.266 abitanti della provincia di Matera in Basilicata; è il quarto comune della regione per numero di abitanti e dopo il capoluogo è anche il più popoloso della sua provincia. Il comune è composto da diverse frazioni, tra le quali Marconia, la più popolosa, che supera la stessa popolazione del conglomerato principale.
IL comune conta una superficie di 231 km², classificandosi all’85º posto tra i comuni d’Italia più estesi, e un’altitudine di 364 m. s.l.m..
Territorio
Pisticci sorge a 387 m s.l.m. nella parte centro-meridionale della provincia e si estende tra i fiumi Basento, ad Est, e Cavone, a Ovest, che separano il territorio pisticcese rispettivamente dai comuni di Bernalda (18 km) e Montalbano Jonico (24 km). Sempre ad est si affaccia sul Mar Jonio e confina ancora con i comuni di Craco (19 km), Ferrandina (23 km), Pomarico (24 km) e Scanzano Jonico (27 km). Dista 47 km da Matera e 92 km dal capoluogo di regione Potenza. Pisticci è composto da diverse frazioni e borghi, le più rilevanti sono Casinello, Centro Agricolo, Marconia, Pisticci Scalo, Tinchi, ai quali si aggiunge negli ultimi anni la crescente località turistica di Marina di Pisticci.
Le tre colline su cui sorge il centro storico, Serra Cipolla, San Francesco e Monte Como, sono situate nella parte occidentale, dove il terreno è prevalentemente argilloso e i versanti sono caratterizzati da profonde scanalature, i calanchi. A causa della natura del terreno, Pisticci è stata spesso interessata da fenomeni di dissesto idrogeologico e frane. Nella parte orientale del territorio invece, si estende un altopiano che digrada dolcemente verso la pianura metapontina e verso gli 8 km di costa, limite comunale sul mar Jonio.
L’abitato di Pisticci ha la forma di una S, formando una sorta di anfiteatro naturale, caratteristica per la quale, data la sua posizione strategica e dominante, è denominata il balcone sullo Jonio o l’anfiteatro sullo Jonio.
Le frane
La storia di Pisticci è fortemente legata alle frane che più volte, nel corso del tempo, ne hanno modificato la topografia, la toponomastica e la storia.
Le principali cause sono dovute alla natura argillosa del terreno che predispone la collina su cui sorge l’abitato ad eventi di questo genere, che hanno interessato anche altri centri limitrofi, su alture con le stesse caratteristiche geologiche.
Tuttavia la causa riconosciuta come principale di tali eventi a Pisticci è il fosso detto “La Salsa”, un piccolo torrente di acqua salmastra che scorre sotto i rioni del centro abitato più interessati dai movimenti franosi e a cui è stata imputata la destabilizzazione del terreno. Quest’ultimo è caratterizzato da una sedimento marnoso permeabile in superficie poggiante su uno strato argilloso impermeabile che, in occasione di abbondanti precipitazioni, tende a far “smottare” lo strato sovrastante.
Negli ultimi decenni, il disboscamento della collina circostante ha peggiorato la già grave situazione. In presenza di queste situazioni, ogni volta che si è verificato un evento atmosferico di particolare potenza e durata (forte e abbondante nevicata o alluvione) si sono verificati movimenti franosi della collina. Si può dire che tutto il territorio porta il segno di queste rovine: esempio ne sono “le mesole”, terrazzamenti un tempo agganciati alla collina che sono collassati verso valle, in direzione del Cavone, sì da guadagnarsi quel nome che sembra appunto voler dire terre “a mezza altezza”, tra il monte e il fondovalle.
Frana del 1555
È la prima frana registrata e documentata avvenuta a Pisticci. Franarono alcune case del rione “Casalnuovo” a seguito di forti piogge.
Frana del 1688
È la frana più imponente e che ha influito di più sulla struttura dell’abitato. Dopo un’abbondante nevicata, la notte del 9 febbraio 1688 (rimasta nella memoria collettiva come la “notte di Sant’Apollonia”) il centro urbano di allora, costituito dai rioni “Terravecchia”, “Casalnuovo” e “Loreto”, si spezzò letteralmente in due parti ben distinte: tutto il rione “Casalnuovo” franò sotto il rione “Terravecchia”; il movimento franoso si fermò solo quando incontrò l’enorme mole della chiesa Madre, la cui zona delle fondamenta venne chiamata perciò “Palorosso”.
Le vittime furono 400, vennero travolte case contadine ma anche palazzi gentilizi e tutta la piazza antistante alla chiesa Madre, che in quegli anni era il centro di tutte le attività del paese.
Per la ricostruzione, il conte De Cardenas propose un luogo di sua proprietà in contrada “Caporotondo”, poco fuori l’abitato. Sperava così di rendere suoi affittuari tutti i pisticcesi, che tuttavia decisero di non abbandonare il colle, sia per il legame affettivo con il paese natale, sia perché avevano intuito il secondo fine[senza fonte].
Frana del 1976
Nel 1976, dopo circa tre secoli in cui non si registrarono eventi significativi, a seguito delle piogge di novembre franò una parte del rione “Croci”. Tutta l’area interessata fu evacuata in tempo così non ci furono vittime né feriti.
I disagiati furono ospitati inizialmente nelle scuole del comune, in seguito furono assegnate delle case nella frazione Marconia. Alcune case del rione furono dichiarate inagibili e poi abbattute, altre furono rioccupate spesso abusivamente. Lungo tutta la sede della frana fu costruito un grande muro di contenimento in cemento armato. Ancora oggi l’ultima fila di case del rione sembra la strada di un paese fantasma, con case disabitate, case demolite solo a metà e porte che non danno sulla strada ma sono sospese in quanto dopo la frana la sede stradale si abbassò di qualche metro.
Oltre al rione “Croci” franò anche il muro a sostegno del sagrato della chiesa Madre (la stessa zona interessata dalla frana del 1688) e ancora una volta il movimento franoso è stato fermato dalla mole della cattedrale, che rimase con il portale principale sospeso nel vuoto fino alla ricostruzione della piazza e del muro.
La situazione attuale
A seguito dell’ultima frana Pisticci fu inserita dal Ministero dell’Interno nell’elenco dei comuni da trasferire altrove per dissesto idrogeologico; nacque allora una disputa sul da farsi con tre opzioni prevalenti:
- Il totale trasferimento della popolazione nella frazione di Marconia.
- La costruzione di una nuova città in prossimità della costa.
- Il consolidamento del centro storico con opere di contenimento e rimboschimento.
Fu la terza opzione quella preferita dalla popolazione, nonostante ciò l’emigrazione nella frazione Marconia non cessò. Furono fatte allora diverse opere di contenimento come muraglioni e i calanchi furono rimboschiti. Per molti anni un vincolo vietò la costruzione di nuove case e la sopraelevazione di quelle esistenti per evitare l’appesantimento del terreno. Questo vincolo oggi non sussiste più.
Simboli
La M e la P presenti sullo stemma cittadino ricordano come Pisticci gravitasse nell’area di influenza di Metaponto, un fatto di cui è simbolo anche la spiga di grano, infatti la spiga era il simbolo stesso di Metaponto ed era effigiata sulle monete della colonia greca.
Il primo stemma cittadino, visibile sul basamento dell’altare della chiesetta rurale di San Vito, era costituito dalla sola spiga.
Blasonatura stemma
« D’azzurro, con al centro una spiga che separa due lettere la M e la P, sormontati da una corona. » |
Blasonatura gonfalone
Caratteristiche dello stemma